Francesco Ricci

Il cerchio e la finestra. Saggio su Cristina Campo

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Descrizione

Il cerchio e la finestra non costituiscono soltanto due significative occorrenze lessicali della corrispondenza di Cristina Campo (Bologna 1923-Roma 1977), a partire dalle lettere spedite tra il 1955 e il 1975 a Margherita Pieracci Harwell, detta Mita. Il cerchio e la finestra, piuttosto, sono due vere e proprie “idee in immagini”, attraverso le quali la scrittrice e traduttrice bolognese esprime la propria idea di tempo, inteso ora come chiusura (il cerchio) ora come apertura (la finestra). Non solo, ma tali figure si caricano anche di ulteriori significati, che dall’ambito cronologico scivolano in quello dell’amicizia, dell’amore, della scrittura, del pensiero di Dio, della malattia, della bellezza, della propria vocazione interiore, della tradizione.

L’attenzione che Cristina Campo nei suoi scritti (lettere, saggi, poesie) rivolge costantemente a quattro gruppi di persone – o “razza” o “specie”, come lei stessa li definisce – è al centro del presente breve saggio. Si tratta degli imperdonabili, dei senza-lingua, dei solitari, degli ammalati. Alcuni di loro possiedono un nome, altri non escono mai dall’anonimato: tutti, però, dal primo all’ultimo sono accolti con amore sulla pagina campiana. Non solo. Ma poiché in questi quattro gruppi di persone, relegate ai margini della società e del mondo, dove la Storia raduna tutti i sommersi, gli offesi, i dimenticati, Cristina Campo si riflette come in uno specchio e si rivede, parlare di loro comporta che si parli di questa straordinaria figura di donna: l’imperdonabile è lei, è lei la senza-lingua, la solitaria, l’ammalata.

Ed è proprio su quest’ultimo terreno (quello personale) che è possibile rendersi conto di come col trascorrere del tempo, in particolare a partire dalla metà degli anni Sessanta – che viene a coincidere con la morte dei genitori e con la conclusione dei lavori del Concilio Vaticano II –, il cerchio diventi a poco a poco il simbolo più adatto a raccontare la vita di Cristina Campo, mentre la finestra ai suoi occhi perde fascino e significato. La realtà esterna, che le aveva ispirato versi e passi bellissimi, colmi di luce e di colore, che restituivano intatto l’intero incanto multiforme del mondo (“Cipressi d’oro e lunghe nuvole viola”, “La bellezza dei luoghi così divina – come se in ogni angolo del mondo fosse sempre possibile ogni miracolo”, “il pesco e la mimosa hanno dato alla luce i loro piccoli bocci”), viene dimenticata, mentre il confine dell’esistenza per Cristina Campo si riduce al perimetro della propria stanza dell’abitazione di Piazza Sant’Anselmo e al breve tragitto che conduceva alla chiesa cattolico-russa di via Merulana, il Russicum, dove la messa continuava a essere celebrata in lingua latina.

Dettagli

Anno

2023

Formato

11×16.5

ISBN

9788896905494

Pagine

80

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