“Gli annoiati”. Ecco perché l’abbiamo pubblicato

27 Febbraio 2018

“Gli annoiati”. Ecco perché l’abbiamo pubblicato

Primamedia editore esce in questi giorni con un nuovo titolo nella sua collana Pop, “Gli annoiati di Gianni Manghetti, il quarto per i nostri tipi dopo Nomi nella cenere (2012), Lacrime asciutte (2014) in coedizione con Cantagalli, e I sogni non svaniscono all’alba (2016). Questa volta la penna del banchiere prestato alla narrativa (l’autore è presidente della Cassa di Risparmio di Volterra), dopo aver raccontato a suo modo i temi della Shoah, delle donne in tempo di guerra, delle emigrazioni attuali e passate, si concentra sull’oggi, in particolare sulla generazione dei Millennials.

Ci eravamo già occupati di questo tema con il saggio di Francesco Ricci, La bella Giovinezza, che prova a svelarne i tratti caratteristici analizzando alcune parole chiave. Una di queste è Noia. «Della vita – scrive Ricci – è l’adolescenza la fase nella quale questo stato d’animo con maggiore frequenza e con maggiore intensità riempie di sé l’interiorità di una persona. Da soli o in piccoli gruppi, al chiuso di una stanza o sulle panchine di un parco cittadino, mentre percorrono avanti e indietro le vie del centro o passano da un canale televisivo all’altro, da un sito del web all’altro, i ragazzi si annoiano, si annoiano mortalmente. In loro è presente la voglia di fare, c’è il bisogno di fare, ma manca la meta, manca il progetto».

E proprio la noia è il tema di fondo in questo romanzo breve di Manghetti. E non c’è che da attingere alle cronache per trovare, ahinoi, spunti di ispirazione. Un gruppo di adolescenti che prende a calci un anziano fino a farlo cadere in terra solo per il gusto di riprenderlo con il cellulare, altri ragazzini che tirano sassi dal cavalcavia, o entrano nelle case solo per metterla a soqquadro (il racconto di Dacia Maraini su Il Corriere della Sera di qualche tempo fa è esplicativo).

Nel racconto la noia prende una coppia di sedicenni romani responsabili di un efferato delitto, ma anche un gruppo di amici che in piena estate si divertono a vergare sui muri della Capitale scritte inneggianti all’Isis solo per vedere “l’effetto che fa”. Per poi scoprire che l’effetto è superiore alle aspettative, tanto che le “autorità competenti” sono costrette alle contromisure. Qui Manghetti si diverte a prendere un po’ in giro il Sistema ma è solo per dimostrare che a volte basta poco per mettere in crisi le Istituzioni. Può bastare la bravata di qualche adolescente. A rimettere a posto le cose un anziano giudice, prossimo alla pensione, che dovrà giudicare il delitto compiuto dalla coppia e che proprio in casa troverà uno degli annoiati ragazzini. Da qui il tentativo, letterario s’intende, di rimettere tutto al suo posto.

In Manghetti la letteratura ha un valore non solo descrittivo o di mero racconto, ma pedagogico e persino morale. E così il finale diventa la possibilità di svolta e speranza per questa generazione di giovani nati nel nuovo Millennio, di fatto abbandonati o perlomeno non capiti da tutto il sistema formativo su cui si basa la nostra società, famiglia, scuola, persino Chiesa. Tutto questo era sufficiente per offrire ai lettori un certo punto di vista. Buona lettura.